Terza domenica di Pasqua – Luca 24,13-35
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
L’inversione di marcia è dovuta alla nuova lettura degli eventi che lo sconosciuto ha loro suggerito. Gli eventi sono rimasti quelli di prima (la croce e il sepolcro vuoto), ma ora sono letti con occhi nuovi. Al racconto sottostà una domanda molto importante: come riconoscere il Signore che cammina con noi? Occorre una prima condizione: i due discepoli si allontanavano da Gerusalemme e dalla speranza, però stavano insieme e camminavano pensosi, discorrendo fra loro di ciò che era accaduto, di Gesù di Nazareth e della liberazione di Israele. È questa una sorta di condizione previa. La luce di Dio è per gli uomini che cercano, uomini pensosi e che fra loro discorrono dei veri problemi. A uomini frastornati, o rinchiusi in problemi marginali, anche la parola di Dio ha ben poco da dire.
Ma ritorniamo alla domanda importante: come e dove si può riconoscere il Signore che cammina con noi? Ai due discepoli di Emmaus gli occhi si aprirono quando, seduto a tavola in loro compagnia, Gesù ha compiuto quattro gesti (ha preso il pane, ha ringraziato, lo ha spezzato e lo ha distribuito), che riportano indietro, alla cena eucaristica, alla vita terrena di Gesù (una vita in dono con pane spezzato), alla croce che di quella vita è il compimento.
E riportano anche in avanti, alla vita della Chiesa, al tempo in cui i cristiani continueranno a «spezzare il pane». Spezzare il pane è dunque un gesto, in un certo senso riassuntivo, nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe dell’esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore ora presente nella comunità. Lo spezzare il pane, cioè la dedizione, è sempre la modalità riconoscibile della presenza del Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore glorioso presente nella Chiesa. È questo il tratto che fa riconoscere il Signore Gesù. (B. Maggioni, biblista).










