Santuario di Madonna della Riva

Giovedì 26 maggio è il turno della nostra Parrocchia

Lettera del Direttore, avvisi e appuntamenti – settimana dal 13 al 22 maggio 2022

V Domenica di Pasqua – Giovanni 13, 31-35

31Quando fu uscito, Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. 32Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito. 33Figlioli, ancora per poco sono con voi; voi mi cercherete ma, come ho detto ai Giudei, ora lo dico anche a voi: dove vado io, voi non potete venire. 34Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri. 35Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

Se cerchiamo la firma inconfondibile di Gesù, il suo marchio esclusivo, lo troviamo in queste parole. Pochi versetti, registrati durante l’ultima cena, quando per l’unica volta nel vangelo, Gesù dice ai suoi discepoli: «Figlioli», usa una parola speciale, affettuosa, carica di tenerezza: figliolini, bambini miei.

«Vi do un comandamento nuovo: come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri». Parole infinite, in cui ci addentriamo come in punta di cuore, trattenendo il fiato.

Amare. Ma che cosa vuol dire amare, come si fa?

Dietro alle nostre balbuzie amorose c’è la perdita di contatto con lui, con Gesù. Ci aiuta il vangelo di oggi. La Bibbia è una biblioteca sull’arte di amare. E qui siamo forse al capitolo centrale. E infatti ecco Gesù aggiungere: amatevi come io ho amato voi.

L’amore ha un come, prima che un ciò, un oggetto. La novità è qui, non nel verbo, ma nell’avverbio. Gesù non dice semplicemente «amate». Non basta amare, potrebbe essere solo una forma di dipendenza dall’altro, o paura dell’abbandono, un amore che utilizza il partner, oppure fatto solo di sacrifici. Esistono anche amori violenti e disperati. Amori tristi e perfino distruttivi.

Come io ho amato voi. Gesù usa i verbi al passato: guardate a quello che ho fatto, non parla al futuro, non della croce che pure già si staglia, parla di cronaca vissuta. Appena vissuta. Siamo nella cornice dell’Ultima Cena, quando Gesù, nella sua creatività, inventa gesti mai visti: il Maestro che lava i piedi nel gesto dello schiavo o della donna. Offre il pane anche a Giuda, che lo ha preso ed è uscito. E sprofonda nella notte. Dio è amore che si offre anche al traditore, e fino all’ultimo lo chiama amico. Non è amore sentimentale quello di Gesù, lui è il racconto inedito della tenerezza del Padre; ama con i fatti, con le sue mani, concretamente: lo fa per primo, in perdita, senza contare.

È amore intelligente, che vede prima, più a fondo, più lontano. In Simone di Giovanni, il pescatore, vede la Roccia; in Maria di Magdala, la donna dei sette demoni, intuisce colei che parlerà con gli angeli; dentro Zaccheo, il ladro arricchito, vede l’uomo più generoso di Gerico.

Amore che legge la primavera del cuore, pur dentro i cento inverni! Che tira fuori da ciascuno il meglio di ciò che può diventare: intere fontane di speranza e libertà; tira fuori la farfalla dal bruco che credevo di essere. In che cosa consiste la gloria, evocate per cinque volte in due versetti, la gloria per ciascuno di noi? La gloria dell’uomo, e la stessa gloria si Dio consistono nell’amare. Non c’è altro di cui vantarsi. È lì il successo della vita. La sua verità. «La verità rivelata è l’amore» (P. Florenski). (P. Ermes Ronchi)

Lettera del Direttore, avvisi e appuntamenti – settimana dal 6 al 15 maggio 2022

IV Domenica di Pasqua – Giovanni 10, 27-30

«27Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. 28Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. 29Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. 30Io e il Padre siamo una cosa sola».

Le poche righe del Vangelo di Giovanni (10,27-30) proposte dalla liturgia domenicale non toccano direttamente il tema della risurrezione, anche se siamo nel tempo pasquale, ma vanno, per così dire, ancora più indietro, al mistero trinitario («Io e il Padre siamo una cosa sola»). Fra Gesù pastore e i suoi discepoli corre una profonda comunione: le pecore ascoltano la voce del pastore e il pastore conosce le sue pecore. Conoscere e ascoltare sono verbi che indicano un dialogo profondo, una comunione nell’esistenza, non soltanto nelle idee.

La comunione fra Gesù e i suoi discepoli coinvolge l’uomo intero: idee, amore, comportamento.

Oltre a quanto detto, il passo di Giovanni sottolinea con forza l’idea dell’appartenenza: Gesù può dire le «mie» pecore e «il Padre me le ha date». Gesù è il Signore delle pecore, a lui appartengono e a nessun altro. Ed è da Gesù che le pecore ricevono la vita: «Io do loro la vita eterna». Ed è affermato infine, polemicamente, un dato consolante: nessuno può strappare a Gesù le sue pecore. È questo il motivo della sicurezza, sulla quale si fonda tutta la speranza del discepolo e della Chiesa.

Dopo aver commentato il brano in modo sintetico e nella sua globalità, penso utile almeno due precisazioni particolari. La prima: due sono le note che caratterizzano, come dice Gesù, le sue pecore: ascoltare e seguire. Con una precisazione: ascoltare la sua voce e percorrere la strada che Egli stesso percorre. Dunque la comunità cristiana se vuole essere sale e luce anche in un mondo che cambia, come oggi si è soliti dire, non deve affannarsi in ricerche inutili e progetti diversi: la voce di Gesù è già risuonata e la direzione del suo cammino è già tracciata. Alla comunità cristiana è richiesta anzitutto la fedeltà della memoria, non anzitutto la genialità dell’invenzione.

E la seconda precisazione: Gesù dice di donare la vita. Affermazione già ripetuta qualche riga prima del nostro passo (vv. 17-18): «Offro la mia vita per poi riprenderla. Nessuno me la toglie, la offro da me stesso… Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre mio». Gesù, stando a queste parole, dona la sua vita in piena libertà e, al tempo stesso, per un comando del Padre. Strana nozione di libertà. Strana per il mondo, ma non per il discepolo. Gesù ha più volte detto che la sua libertà non sta nel prendere le distanze dal Padre, ma nel fare in tutto al sua volontà. Libertà e obbedienza al Padre (che è sempre l’obbedienza al dono di sé) coincidono. Lo spazio vero della libertà è l’amore.

Maggioni, biblista.

Il Papa ai giovani: rischiate, se volete costruire un mondo migliore

Nel video con l’intenzione di preghiera per il mese di maggio, dedicato a ragazzi e ragazze di tutto il mondo, Francesco domanda “coraggio” e “ascolto” ed esorta a vivere una vita piena, frutto del donarsi al servizio degli altri. L’invito a parlare con i nonni: “La loro saggezza porta oltre i problemi del momento”. Primo video di un trittico che vedrà protagonisti la famiglia e gli anziani

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