Proposte di canti della S. Messa: Pentecoste

Inizio: INVOCHIAMO LA TUA PRESENZA

1. Invochiamo la tua presenza, vieni Signor. Invochiamo la tua presenza, scendi su di noi.

Vieni consolatore, dona pace ed umiltà, acqua viva d’amore questo cuore apriamo a te.

Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi. Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.

Vieni su noi Maranathà, vieni su noi Spirito. Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi.

Vieni Spirito, vieni Spirito, scendi su di noi. scendi su di noi.

2. Invochiamo la tua presenza, vieni Signor. Invochiamo la tua presenza, scendi su di noi.

Vieni luce dei cuori, dona forza e fedeltà, fuoco eterno d’amore questa vita offriamo a te. Rit.

 

GLORIA

Gloria a Dio, nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore.

Ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo e ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa.

1. Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente,

Signore, Figlio unigenito Gesù Cristo (Gesù Cristo..) Rit.

2. Tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra supplica.

Tu che siedi alla destra del Padre abbi pietà di noi (pietà di noi..) Rit.

3. Perché tu solo il Santo, Tu solo il Signore, Tu solo l’Altissimo,

Gesù Cristo con lo Spirito Santo nella gloria di Dio Padre (di Dio Padre…) Rit.

Finale: A – men, a – men, amen

 

MANDA IL TUO SPIRITO

Manda il Tuo Spirito Signore a rinnovare la terra.

Manda il Tuo Spirito Signore su di noi.

 

ALLELUIA E’ RISORTO IL SIGNOR

Alleluia, è risorto il Signor e la morte non vincerà più

Alleluia è risorto il Signor! Alleluia, Alleluia (x2)

1. Se al peccato e al male siamo morti in Lui, alla vita e alla fede risorgiamo in Lui. Rit.

2. Come contenere la felicità era morto ed è risorto e ora vive in noi. Rit.

 

Offertorio: FRUTTO DELLA NOSTRA TERRA

1. Frutto della nostra terra, del lavoro di ogni uomo,

pane della nostra vita, cibo della quotidianità.

Tu che lo prendevi un giorno, lo spezzavi con i tuoi

oggi vieni in questo pane cibo vero dell’umanità.

 E sarò pane e sarò vino nella mia vita, nelle tue mani

Ti accoglierò dentro di me, farò di me un’offerta viva un sacrificio gradito a te.

2. Frutto della nostra terra, del lavoro di ogni uomo

vino delle nostre vigne sulla mensa dei fratelli tuoi.

Tu che lo prendevi un giorno, lo bevevi con i tuoi

oggi vieni in questo vino e ti doni per la vita mia.

E sarò pane e sarò vino nella mia vita, nelle tue mani

Ti accoglierò dentro di me, farò di me un’offerta viva un sacrificio gradito a te.

un sacrificio gradito a te. 

 

SANTO (mani)

Santo, santo, santo! (x2)

Il Signore Dio dell’universo, il Signore Dio dell’universo, i cieli e la Terra sono pieni della tua gloria!

Osanna, osanna nell’alto dei cieli! Osanna, osanna nell’alto dei cieli!

Santo, santo, santo! (x2)

Benedetto colui che viene nel nome del Signore, benedetto colui che viene nel nome del Signore.

Osanna, osanna nell’alto dei cieli! Osanna, osanna nell’alto dei cieli!

Santo, santo, santo! (x2)

 

SPIRITO DI DIO

1. Spirito di Dio riempimi, Spirito di Dio battezzami.

Spirito di Dio consacrami, vieni ad abitare dentro me.

2. Spirito di Dio guariscimi, Spirito di Dio rinnovami,

Spirito di Dio consacrami, vieni ad abitare dentro me.

3. Spirito di Dio riempici, Spirito di Dio battezzaci.

Spirito di Dio consacraci, vieni ad abitare dentro noi.

 

Finale: MARIA, TU SEI

1. Maria tu sei la vita per me, sei la speranza, la gioia, l’amore, tutto sei.

Maria tu sai, quello che vuoi, sai con che forza d’amore in cielo mi porterai.

Maria ti do il mio cuore per sempre se vuoi tu dammi l’amore che non passa mai.

Rimani con me e andiamo nel mondo insieme

la tua presenza sarà goccia di paradiso per l’umanità.

2. Maria con te sempre vivrò, in ogni momento giocando, cantando, ti amerò.

Seguendo i tuoi passi in te io avrò la luce che illumina i giorni e le notti dell’anima.

 

Altre proposte

VIENI SPIRITO DI CRISTO

Vieni, vieni, Spirito d’Amore, ad insegnar le cose di Dio,

vieni, vieni, Spirito di Pace, a suggerir le cose che Lui ha detto a noi.

1. Noi ti invochiamo, Spirito di Cristo, vieni Tu dentro di noi.

Cambia i nostri occhi, fa’ che noi vediamo la bontà di Dio per noi. Rit.

2. Vieni o Spirito dai quattro venti e soffia su chi non ha vita.

Vieni o Spirito, soffia su di noi perché anche noi riviviamo. Rit.

3. Insegnaci a sperare, insegnaci ad amare, insegnaci a lodare Iddio.

Insegnaci a pregare, insegnaci la via, insegnaci Tu l’unità. Rit.

 

GIOVANE DONNA

1. Giovane donna, attesa dall’umanità; un desiderio d’amore è pura libertà.

Il Dio lontano è qui vicino a te voce e silenzio, annuncio di novità.

A – ve Mari – a (2volte)

2. Dio t’ha prescelta qual Madre piena di bellezza e il suo amore t’avvolgerà nella sua ombra.

Grembo per Dio venuto sulla terra, Tu sarai Madre di un uomo nuovo. Rit.

3. Ecco l’ancella che vive della tua Parola libero il cuore perché l’amore trovi casa.

Ora l’attesa è densa di preghiera, e l’uomo nuovo è qui, in mezzo a noi. Rit.

 

ALLELUIA PASSERANNO I CIELI

Alle-alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia.

Passeranno i cieli e passerà la terra, la tua Parola non passerà, alleluia alleluia.

 

NOI CANTEREMO GLORIA A TE

Noi canteremo gloria a te, Padre che dai la vita, Dio d’immensa carità Trinità infinita.

Tutto il creato vive in Te, segno della tua gloria, tutta la storia ti darà onore e vittoria.

La tua parola venne a noi, annuncio del tuo dono: la Tua promessa porterà salvezza e perdono.

 

PASSA QUESTO MONDO

1. Noi annunciamo la parola eterna: Dio è Amore.

Questa è la voce che ha varcato i tempi: Dio è carità.

Passa questo mondo, passano i secoli, solo chi ama non passerà mai.

2. Dio è luce e in Lui non c’è la notte: Dio è Amore.

Noi camminiamo lungo il suo sentiero: Dio è carità. Rit.

3. Noi ci amiamo perché Lui ci ama: Dio è amore.

Egli per primo diede a noi la vita: Dio è carità. Rit.

4. Giovani forti, avete vinto il male: Dio è amore.

In voi dimora la parola eterna: Dio è carità. Rit.

 

RESTA CON NOI SIGNORE LA SERA

1. Resta con noi, signore, la sera. Resta con noi che avremo la pace.

 Resta con noi, non ci lasciar. La notte mai più scenderà.

Resta con noi. Non ci lasciar. Nelle vie del mondo, Signor.

2. Ti porteremo ai nostri fratelli. Ti porteremo lungo le strade. Rit.

3. Voglio donarti queste mie mani. Voglio donarti questo mio cuore. Rit.

 

LUCE DIVINA

1. Luce divina, splende di te, il segreto del mattino.

Luce di Cristo, sei per noi tersa voce di sapienza:

tu per nome tutti chiami alla gioia dell’incontro.

2. Luce feconda, ardi in noi, primo dono del Risorto.

Limpida Luce, abita in noi, chiaro sole di giustizia:

tu redimi nel profondo ogni ansia di salvezza.

3. Luce perenne, vive di te chi cammina nella fede.

Vento gagliardo, saldo vigor, nella vita ci sospingi,

rinnovati dalla grazia, verso il giorno senza fine.

4. Fervido Fuoco, scende ancor nella Chiesa dei redenti.

Dio d’amore, ti adoriam nel mistero che riveli:

tu pronunci la parola, che rimane sempre vera.

Solennità di Pentecoste – Giovanni 20,19-23

19La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».

Luca descrive la venuta dello Spirito (Atti 2,1-11) utilizzando i simboli classici che accompagnano l’azione di Dio: il vento, il terremoto e il fuoco. Ma nel suo racconto c’è un simbolo in più: le lingue si dividono e si posano su ciascuno dei presenti, cosicché «incominciarono a parlare in altre lingue». Con questo diventa chiaro il compito di unità e di universalità a cui lo Spirito chiama la sua Chiesa. Luca si dilunga anche nel dire che la folla accorsa era composta di uomini di varie nazionalità (2,19-11). E aggiunge: «Ciascuno li sentiva parlare nella sua propria lingua» (2,8). È come dire che lo Spirito non ha una sua lingua, né si lega a una lingua o a una cultura particolare, ma si esprime attraverso tutte. Con la venuta dello Spirito a Pentecoste e la nascita della comunità cristiana inizia in seno all’umanità una storia nuova, rovesciata rispetto alla storia di Babele. Nell’antico racconto (Genesi 11,1-9) si legge che gli uomini hanno voluto, come conquista propria e non come dono, raggiungere Dio. È l’eterna tentazione dell’uomo di voler costruire una città senza Dio e cercare salvezza in se stessi. Ma al di fuori di Dio l’uomo non trova che confusione e dispersione. A Babele uomini della stessa lingua non si intendono più. A Pentecoste invece uomini di lingue diverse si incontrano e si intendono. Il compito che lo Spirito affida alla sua Chiesa è di imprimere alla storia umana un movimento di riunificazione. Ma nello Spirito, nella libertà e attorno a Dio.
Lo Spirito trasforma un gruppo di persone racchiuse nel Cenacolo, al riparo, in testimoni consapevoli e coraggiosi. Apre i discepoli sul mondo e dà loro il coraggio di proporsi in pubblico, raccontando davanti a tutti «le grandi opere di Dio». Tuttavia lo Spirito non sottrae la Chiesa all’incomprensione e al dissenso. Rende efficace l’annuncio, ma non lo sottrae alla discussione: «Alcuni erano stupiti e perplessi… altri li deridevano» (2,12-13). Come nella Pentecoste lucana, anche nel breve passo evangelico di Giovanni (20,19-23) è detto che lo Spirito ricrea la comunità degli apostoli e l’apre alla missione. Ma con più precisione di Luca, Giovanni afferma che lo Spirito è il dono del Cristo: «ricevete lo Spirito Santo». Gesù risorto non soltanto dona lo Spirito in vista della missione, ma anche in vista del perdono dei peccati. Viene da Giovanni posta una stretta relazione fra lo Spirito, la comunità dei discepoli e il perdono. La remissione dei peccati è una trasformazione che solo lo Spirito può compiere. (don B. Maggioni, biblista).

Proposte di canti della S. Messa: Ascensione del Signore

Inizio: CRISTO E’ RISORTO VERAMENTE

Cristo è risorto veramente, alleluia! Gesù il vivente qui con noi resterà.

Cristo Gesù, Cristo Gesù è il Signore della vita.

1. Morte dov’è la tua vittoria? Paura non mi puoi far più.

Se sulla croce io morirò insieme a Lui, poi insieme a Lui risorgerò… Rit.

2. Tu, Signore amante della vita, mi hai creato per l’eternità.

La vita mia Tu dal sepolcro strapperai, con questo mio corpo Ti vedrò… Rit.

3. Tu mi hai donato la Tua vita, io voglio donar la mia a Te.

Fa’ che possa dire “Cristo vive anche in me”, e quel giorno io risorgerò… Rit.

 

Gloria: GLORIA (Mariano)

Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama. (x2)

1. Noi Ti lodiamo, Ti benediciamo, Ti adoriamo, ti glorifichiamo,

Ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa.

Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre Onnipotente, Figlio unigenito, Cristo Gesù. Rit.

2. Signore Dio, Agnello di Dio, figlio del Padre Onnipotente.

Tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.

Tu che togli i peccati del mondo, accogli benigno la nostra preghiera.

Tu che siedi alla destra del Padre abbi pietà di noi. Rit.

3. Tu solo il Santo, Tu solo il Signore, Tu l’Altissimo Gesù Cristo,

con lo Spirito Santo nella gloria del Padre. Rit.

 

Salmo: LAUDATE OMNES GENTES

Laudate omnes gentes, laudate Dominum. Laudate omnes gentes, laudate Dominum.

 

Alleluia: ALLELUIA E POI

Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia! Alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia!

1. Chiama ed io verrò da te. Figlio nel silenzio mi accoglierai. Rit.

2. Voce e poi, la libertà, nella Tua Parola camminerò. Rit.

 

Offertorio: LA MIA ANIMA CANTA

La mia anima canta la grandezza del Signore, il mio spirito esulta nel mio Salvatore.

Nella mia povertà, l’Infinito mi ha guardata, in eterno ogni creatura mi chiamerà beata.

1. La mia gioia è nel Signore, che ha compiuto grandi cose in me,

la mia lode al dio fedele, che ha soccorso il suo popolo

e non ha dimenticato le sue promesse d’amore. Rit.

2. Ha disperso i superbi nei pensieri inconfessabili,

ha deposto i potenti, ha risollevato gli umili,

ha saziato gli affamati e aperto ai ricchi le mani. Rit.

 

Santo: SANTO (gen)

Santo, santo, santo il Signore Dio dell’universo,

Santo, santo, i cieli e la Terra sono pieni della tua gloria.

Osanna nell’alto dei cieli, osanna nell’alto dei cieli!

Santo, santo, santo il Signore Dio dell’universo,

Santo, santo, i cieli e la Terra sono pieni della tua gloria.

Benedetto colui che viene nel nome del Signore,

Osanna nell’alto dei cieli, osanna nell’alto dei cieli!

Santo, santo, santo.

 

Comunione: ROCCIA DI FEDELTA’

Hai ascoltato, o Dio, il grido di chi soffre e spera, fonte di ogni bene, hai liberato il cuore.

Tu l’acqua viva sei, quando il deserto è intorno a noi, sempre noi loderemo il tuo Nome.

Grande sei tu, Signor, roccia di fedeltà, tu sei con noi, non ci abbandoni mai.

All’ombra del tuo amor su questa terra camminiam,

forti con te verso l’eternità, roccia di fedeltà.

Hai riscattato o Dio, la vita di chi in te confida, difesa da ogni male, tu sciogli le catene.

Nella tempesta sei, la mano che ci salverà, sempre noi loderemo il tuo Nome.

 

Finale: AVE MARIA (VERBUM PANIS)

Ave Maria, Ave. Ave Maria, Ave.

1. Donna dell’attesa e madre di speranza: ora pro nobis

Donna del sorriso e madre del silenzio: ora pro nobis

Donna di frontiera e madre dell’ardore: ora pro nobis

Donna del riposo e madre del sentiero: ora pro nobis. Rit.

2. Donna del deserto e madre del respiro: ora pro nobis

Donna della sera e madre del ricordo: ora pro nobis

Donna del presente e madre del ritorno: ora pro nobis

Donna della terra e madre dell’amore: ora pro nobis. Rit.

 

Altre proposte

GIOVANE DONNA

1. Giovane donna, attesa dall’umanità; un desiderio d’amore è pura libertà.

Il Dio lontano è qui vicino a te voce e silenzio, annuncio di novità.

A – ve Mari – a (2volte)

2. Dio t’ha prescelta qual Madre piena di bellezza e il suo amore t’avvolgerà nella sua ombra.

Grembo per Dio venuto sulla terra, Tu sarai Madre di un uomo nuovo.

3. Ecco l’ancella che vive della tua Parola libero il cuore perché l’amore trovi casa.

Ora l’attesa è densa di preghiera, e l’uomo nuovo è qui, in mezzo a noi.

 

ALLELUIA PASSERANNO I CIELI

Alle-alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia, alleluia.

 Passeranno i cieli e passerà la terra, la tua Parola non passerà, alleluia alleluia.

 

NOI CANTEREMO GLORIA A TE

Noi canteremo gloria a te, Padre che dai la vita, Dio d’immensa carità Trinità infinita.

Tutto il creato vive in Te, segno della tua gloria, tutta la storia ti darà onore e vittoria.

La tua parola venne a noi, annuncio del tuo dono: la Tua promessa porterà salvezza e perdono.

 

PASSA QUESTO MONDO

1. Noi annunciamo la parola eterna: Dio è Amore.

Questa è la voce che ha varcato i tempi: Dio è carità.

Passa questo mondo, passano i secoli,

solo chi ama non passerà mai.

2.Dio è luce e in Lui non c’è la notte: Dio è Amore.

Noi camminiamo lungo il suo sentiero: Dio è carità. Rit.

3. Noi ci amiamo perché Lui ci ama: Dio è amore.

Egli per primo diede a noi la vita: Dio è carità. Rit.

4. Giovani forti, avete vinto il male: Dio è amore.

In voi dimora la parola eterna: Dio è carità. Rit.

 

RESTA CON NOI SIGNORE LA SERA

1. Resta con noi, signore, la sera. Resta con noi che avremo la pace.

Resta con noi, non ci lasciar. La notte mai più scenderà.

Resta con noi. Non ci lasciar. Nelle vie del mondo, Signor.

2. Ti porteremo ai nostri fratelli. Ti porteremo lungo le strade. Rit.

3. Voglio donarti queste mie mani. Voglio donarti questo mio cuore. Rit.

Ascensione del Signore – Matteo 28,16-20

Dal vangelo secondo – Matteo 28,16-20
16Gli undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato. 17Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono. 18Gesù si avvicinò e disse loro: «A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. 19Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, 20insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo».
a
Luca negli Atti degli Apostoli racconta il fatto vero e proprio dell’Ascensione in una sola riga (1,9): «Fu elevato in alto sotto i loro occhi e una nube lo sottrasse al loro sguardo». Preferisce soffermarsi sui discepoli, che chiedono al Signore: «È’ questo il tempo in cui ricostituirai il regno di Israele?». Gesù li rimprovera. Il tempo è nelle mani di Dio. E questa certezza deve bastare: il resto è trascurabile curiosità. L’importante è un’altra cosa: «Mi sarete testimoni a Gerusalemme… fino agli estremi confini della terra». Compito dei discepoli è di testimoniare dovunque il loro Signore. Non sono i popoli che arrivano a Gerusalemme, ma sono i discepoli che sono inviati verso i popoli. E non ci sono confini, luoghi vietati, popoli o uomini al quale il Signore non debba essere testimoniato.
Anche un secondo atteggiamento dei discepoli è rimproverato: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». I discepoli guardano in alto, e invece sono invitati a guardare in terra, fra le gente. L’attesa del Signore non va vissuta separandosi, nel chiuso di una comunità di eletti, ma nel mondo. E veniamo al passo evangelico. «Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra» (Mt 28,18): con queste parole Gesù afferma la sua signoria universale. Egli è il Signore di tutto e di tutti, e perciò deve essere annunciato a tutti e dappertutto.
Dire che Gesù è il «Signore di tutto» significa affermare, in altre parole, che Egli dà senso a tutte le cose. «Andate e fate discepoli»: la missione suppone un incarico. Non si annuncia Gesù a nome proprio, tanto meno si annunciano pensieri propri, ma soltanto «tutto ciò che Egli ha comandato». Il discepolo deve annunciare nella più assoluta fedeltà. Il suo annuncio deve nascere da un ascolto.
La missione esige una «partenza»: andate. Il discepolo non aspetta che la gente del mondo si avvicini: è lui che va incontro a loro alla gente. «Fate discepole tutte le genti»: l’espressione è carica di tutto il significato che «discepolo» ha nel Vangelo. Non si tratta semplicemente di offrire un messaggio, ma di instaurare una relazione. Il discepolo si lega alla persona del Maestro e si impegna a condividere il suo progetto di vita. «Sarò con voi fino alla fine del tempo»: è questa la grande promessa, che dà al discepolo la forza di svolgere la sua missione. Il cristiano non confida in se stesso, nella propria fede o nelle proprie capacità, ma nella presenza del Signore. (don B. Maggioni, biblista)
a

Sesta domenica di Pasqua – Giovanni 14,15-21

Dal vangelo secondo Giovanni (14,15-21)
«15Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».
a
Un Vangelo da mistici, di fronte al quale si può solo balbettare, o tacere portando la mano alla bocca. La mistica però non è esperienza di pochi privilegiati, è per tutti, «il cristiano del futuro o sarà un mistico o non sarà» (Karl Rahner).
Il brano si snoda su sette versetti nei quali per sette volte Gesù ripropone il suo messaggio: in principio a tutto, fine di tutto, un legame d’amore. E sono parole che grondano unione, vicinanza, intimità, a tu per tu, corpo a corpo con Dio, in una divina monotonia: il Padre vi darà lo Spirito che rimanga con voi, per sempre; che sia presso di voi, che sarà in voi; io stesso verrò da voi; voi sarete in me, io in voi; mai orfani.
Essere in, rimanere in: ognuno è tralcio che rimane nella vite, stessa pianta, stessa linfa, stessa vita. Ognuno goccia della sorgente, fiamma del roveto, respiro nel suo vento. Se mi amate. Un punto di partenza così libero, così umile. Non dice: dovete amarmi, è vostro preciso dovere; oppure: guai a voi se non mi amate. Nessuna ricatto, nessuna costrizione, puoi aderire o puoi rifiutarti, in totale libertà. Se mi amate, osserverete… Amarlo è pericoloso, però, ti cambia la vita. «Impossibile amarti impunemente» (Turoldo), senza pagarne il prezzo in moneta di vita nuova: se mi amate, sarete trasformati in un’altra persona, diventerete prolungamento delle mie azioni, riflesso del mio sguardo.
Se mi amate, osserverete i comandamenti miei, non per obbligo, ma per forza interna; avrete l’energia per agire come me, per acquisire un sapore di cielo e di storia buona, di nemici perdonati, di tavole imbandite, e poi di piccoli abbracciati. Non per dovere, ma come espansione verso l’esterno di una energia che già preme dentro – ed è l’amore di Dio – come la linfa della vite a primavera, quando preme sulla corteccia secca dei tralci e li apre e ne esce in forma di gemme, di foglie, di grappoli, di fiori. Il cristiano è così: un amato che diventa amante.
Nell’amore l’uomo assume un volto divino, Dio assume un volto umano. I comandamenti di cui parla Gesù non sono quelli di Mosè ma i suoi, vissuti da lui. Sono la concretezza, la cronaca dell’amore, i gesti che riassumono la sua vita, che vedendoli non ti puoi sbagliare: è davvero Lui. Lui che si perde dietro alla pecora perduta, dietro a pubblicani e prostitute e vedove povere, che fa dei bambini i conquistatori del suo regno, che ama per primo e fino a perdere il cuore. Non vi lascerò orfani. Io vivo e voi vivrete.
Noi viviamo di vita ricevuta e poi di vita trasmessa. La nostra vita biologica va continuamente alimentata; ma la nostra vita spirituale vive quando alimenta la vita di qualcuno. Io vivo di vita donata. (padre E. Ronchi)

Quinta domenica di Pasqua – Giovanni 14,1-12

«1Non sia turbato il vostro cuore. Abbiate fede in Dio e abbiate fede anche in me. 2Nella casa del Padre mio vi sono molte dimore. Se no, vi avrei mai detto: “Vado a prepararvi un posto”? 3Quando sarò andato e vi avrò preparato un posto, verrò di nuovo e vi prenderò con me, perché dove sono io siate anche voi. 4E del luogo dove io vado, conoscete la via».
5Gli disse Tommaso: «Signore, non sappiamo dove vai; come possiamo conoscere la via?». 6Gli disse Gesù: «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. 7Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin da ora lo conoscete e lo avete veduto».
8Gli disse Filippo: «Signore, mostraci il Padre e ci basta». 9Gli rispose Gesù: «Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me, ha visto il Padre. Come puoi tu dire: “Mostraci il Padre”? 10Non credi che io sono nel Padre e il Padre è in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me stesso; ma il Padre, che rimane in me, compie le sue opere. 11Credete a me: io sono nel Padre e il Padre è in me. Se non altro, credetelo per le opere stesse.
12In verità, in verità io vi dico: chi crede in me, anch’egli compirà le opere che io compio e ne compirà di più grandi di queste, perché io vado al Padre».
a
Il discorso di Gesù riportato dal vangelo di Giovanni (14,1-12) si apre con un invito a superare la paura: «Non sia turbato il vostro cuore». Si tratta di paure profonde: la paura della sofferenza, della morte, del futuro. Gesù suggerisce che c’è un solo modo per vincere queste molte e profonde paure: la fede in Dio e la fede in Lui. E ha ragione: soltanto Dio è la roccia. Le altre sicurezze deludono. L’amore di Dio è fedele e non ci abbandona mai: questa è la grande certezza che rasserena il credente.
C’è però anche un secondo punto sul quale intendo insistere. A Filippo che forse aspirava a una visione religiosa più alta e più dimostrativa («Mostraci il Padre»), Gesù risponde: «Chi ha visto me ha visto il Padre». Per il cristiano Gesù – la sua persona e la sua vita, la sua storia – è lo spazio in cui Dio si è reso visibile e conoscibile. Nell’incarnazione del Figlio di Dio l’invisibilità di Dio si è dissolta: il Dio invisibile ci è venuto vicino, raggiungibile e conoscibile. L’uomo è in cerca di Dio e questa sua ricerca di Dio non è una sovrastruttura, bensì la struttura più intima del suo essere.
Ma dove e come incontrare il Signore? Ecco l’interrogativo sotteso all’intero quarto vangelo. Una prima affermazione importante è già nel prologo: «Nessuno ha mai visto Dio, l’Unigenito Dio, che è nel seno del Padre, egli ce lo ha fatto conoscere» (1,18). Dio è invisibile e l’uomo non riesce a raggiungerlo. Ma in Gesù Cristo l’invisibilità di Dio si è dissolta. A questo punto però si affaccia una seconda domanda: in che modo il Figlio Unigenito ha raccontato il volto del Padre, strappandolo alla sua invisibilità? La risposta del cristiano è chiara: Dio si è reso visibile e raggiungibile nell’esistenza storica di Gesù, nella sua prassi di accoglienza, nella sua dedizione alla verità, nel suo amore che ha trovato il suo momento più espressivo sulla Croce.
C’è però un’ultima domanda a cui è assolutamente necessario rispondere. Il Padre ha rivelato il suo volto nell’esistenza storica di Gesù, ma ora – nel tempo della Chiesa, in attesa del ritorno del Signore – dove e come fare ancora esperienza di Dio? Certo nell’ascolto della sua Parola, nella continua memoria della sua vita: in fondo è per questo che gli evangelisti hanno scritto i loro Vangeli. Ma la risposta resterebbe incompiuta se non aggiungessimo un’espressione che si trova nella prima lettera di Giovanni (4,12): «Nessuno ha mai visto Dio, ma se ci amiamo scambievolmente, Dio dimora in noi». Dunque Dio continua a farsi presente nell’amore vicendevole: Dio è amore ed è in un’esperienza di autentico amore, come quella di Cristo, che l’uomo può entrare in comunione con il mondo di Dio. (don Bruno Maggioni, biblista)

Quarta domenica di Pasqua – Giovanni 10,1-10

1«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. 2Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore. 3Il guardiano gli apre e le pecore ascoltano la sua voce: egli chiama le sue pecore, ciascuna per nome, e le conduce fuori. 4E quando ha spinto fuori tutte le sue pecore, cammina davanti a esse, e le pecore lo seguono perché conoscono la sua voce. 5Un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui, perché non conoscono la voce degli estranei». 6Gesù disse loro questa similitudine, ma essi non capirono di che cosa parlava loro.
7Allora Gesù disse loro di nuovo: «In verità, in verità io vi dico: io sono la porta delle pecore. 8Tutti coloro che sono venuti prima di me, sono ladri e briganti; ma le pecore non li hanno ascoltati. 9Io sono la porta: se uno entra attraverso di me, sarà salvato; entrerà e uscirà e troverà pascolo. 10Il ladro non viene se non per rubare, uccidere e distruggere; io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza».
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La parabola del pastore (Gv 10,1-10) si muove su uno sfondo molto familiare alla vita palestinese. La sera i pastori conducono il gregge in un recinto per la notte. Un recinto comune serve generalmente a diversi greggi. Il mattino ciascun pastore grida il suo richiamo e le pecore – le sue pecore che conoscono la sua voce – lo seguono.
Raccontando questa scena familiare Gesù sottolinea anzitutto che Egli è il vero pastore perché – a differenza del mercenario – non viene a rubare le pecore, ma a donare la vita. Il falso pastore pensa a se stesso e sfrutta le pecore, il vero pastore invece pensa alle pecore e dona se stesso. La caratteristica del vero pastore è il dono di sé.
Ma c’è anche un secondo pensiero: Gesù è la porta dell’ovile. E questo assume due significati: uno in direzione dei capi, e un secondo in riferimento ai fedeli. Gesù è la porta per la quale si deve passare per essere legittimi pastori. Nessuno può avere autorità sulla Chiesa se non legittimato da Gesù. E, secondo, nessuno è discepolo se non passa attraverso Gesù ed entra nella sua comunità. Come si vede, Gesù è al centro, sia dell’autorità che in suo nome governa, sia dei fedeli che in comunione con Lui possono appartenere veramente al popolo di Dio.
Però nel brano del Vangelo di oggi non si descrive soltanto la figura del pastore e dell’apostolo, ma si descrive anche il comportamento delle pecore. E qui si affaccia un terzo tema: la sequela. La sequela è frutto di una chiamata («Egli chiama le sue pecore una per una»). Implica un’appartenenza (le pecore sono sue) e si esige un ascolto («ascoltano la sua voce»).
Chiamata, appartenenza e ascolto costituiscono i tratti della comunità, che cammina insieme con Gesù. Naturalmente tutto questo richiede il netto rifiuto di ogni altro pastore, e di ogni altro maestro («un estraneo invece non lo seguiranno, ma fuggiranno via da lui»).
C’è però anche un altro tratto, che è indicato qualche riga dopo. Gesù/pastore non solo traccia la strada al gregge (cammina davanti al gregge), né è soltanto colui che raduna il gregge (che ama le sue pecore), ma è colui che – camminando davanti al gregge – pensa alle pecore che non appartengono all’ovile. Così Pietro: è il pastore della Chiesa, ma il suo pensiero è per il mondo intero. La sua funzione è anche di non permettere alla comunità cristiana di chiudersi nel particolare, di estraniarsi dal mondo, di pensare a se stessa. (B. Maggioni, biblista)

Terza domenica di Pasqua – Luca 24,13-35

13Ed ecco, in quello stesso giorno due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.
28Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.
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Luca ha costruito il racconto dei due discepoli di Emmaus (24,13-35) attorno all’immagine del cammino. Dapprima un cammino che allontana da Gerusalemme, dagli avvenimenti della passione e dal ricordo di Gesù: potremmo dire un cammino dalla speranza alla delusione («speravamo…»), un cammino carico di tristezza («si fermarono col volto triste»). Ma poi – dopo l’incontro con lo Sconosciuto – un cammino di ritorno, dalla delusione alla speranza: «Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme».
L’inversione di marcia è dovuta alla nuova lettura degli eventi che lo sconosciuto ha loro suggerito. Gli eventi sono rimasti quelli di prima (la croce e il sepolcro vuoto), ma ora sono letti con occhi nuovi. Al racconto sottostà una domanda molto importante: come riconoscere il Signore che cammina con noi? Occorre una prima condizione: i due discepoli si allontanavano da Gerusalemme e dalla speranza, però stavano insieme e camminavano pensosi, discorrendo fra loro di ciò che era accaduto, di Gesù di Nazareth e della liberazione di Israele. È questa una sorta di condizione previa. La luce di Dio è per gli uomini che cercano, uomini pensosi e che fra loro discorrono dei veri problemi. A uomini frastornati, o rinchiusi in problemi marginali, anche la parola di Dio ha ben poco da dire.
Ma ritorniamo alla domanda importante: come e dove si può riconoscere il Signore che cammina con noi? Ai due discepoli di Emmaus gli occhi si aprirono quando, seduto a tavola in loro compagnia, Gesù ha compiuto quattro gesti (ha preso il pane, ha ringraziato, lo ha spezzato e lo ha distribuito), che riportano indietro, alla cena eucaristica, alla vita terrena di Gesù (una vita in dono con pane spezzato), alla croce che di quella vita è il compimento.
E riportano anche in avanti, alla vita della Chiesa, al tempo in cui i cristiani continueranno a «spezzare il pane». Spezzare il pane è dunque un gesto, in un certo senso riassuntivo, nel quale si concentrano, sovrapponendosi, le tre tappe dell’esistenza di Gesù: il Gesù terreno, il Risorto e il Signore ora presente nella comunità. Lo spezzare il pane, cioè la dedizione, è sempre la modalità riconoscibile della presenza del Signore: è la modalità del Crocifisso, del Risorto e del Signore glorioso presente nella Chiesa. È questo il tratto che fa riconoscere il Signore Gesù. (B. Maggioni, biblista).

Seconda domenica di Pasqua (domenica della Divina Misericordia) – Giovanni 20,19-31

19 La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». 20 Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21 Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». 22 Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. 23 A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
24 Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. 25 Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
26 Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». 27 Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». 28 Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». 29 Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
30 Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. 31 Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

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«Le porte erano chiuse per paura dei giudei»: la paura è un sentimento che il lettore del quarto Vangelo già conosce. C’è la paura della folla che non osa parlare in pubblico di Gesù (7,13). C’è la paura dei genitori del cieco guarito che temono le reazioni delle autorità (9,22). C’è la paura di alcuni notabili che non hanno il coraggio di dichiararsi per timore di essere espulsi dalla sinagoga (12,42). La paura viene sempre dall’esterno, ma se può entrare nel cuore dell’uomo è unicamente perché vi trova un punto di appoggio. Non serve perciò chiudere le porte. La paura entra nel profondo se si è ricattabili per qualche ragione, per esempio per la paura di perdere la vita, anche se, più spesso, si ha paura per molto meno. Ma ora che il Signore è risorto non c’è più ragione di avere alcuna paura. Persino la morte è vinta: di che cosa avere allora paura? «Pace a voi»: anche la pace è un dono del Signore risorto. Ma è una pace diversa rispetto a quella del mondo. Diversa perché dono di Dio e perché va alla radice, là dove l’uomo si decide per la menzogna o per la verità. Diversa perché è una pace che sa pagare il prezzo della giustizia. La pace di Gesù non promette di eliminare la Croce – né nella vita del cristiano, né nella storia del mondo – ma rende certi della sua vittoria: «Io ho vinto il mondo» (16,33). «Si rallegrarono al vedere il Signore»: i discepoli passano dalla paura alla gioia. La gioia, dono del Signore risorto, è una partecipazione alla sua stessa gioia. Non ci sono due gioie differenti, una per Dio e una per l’uomo. Si tratta sempre, in un caso come nell’altro, di una gioia che affonda le sue radici nell’amore. Questa gioia non sta nell’assenza della Croce, ma nel comprendere che il Crocifisso è risorto. La fede permette una diversa lettura della Croce e del dramma dell’uomo. Pace e gioia sono al tempo stesso i doni del Risorto e le tracce per riconoscerlo. Ma occorre infrangere l’attaccamento a se stessi. Solo così non si è più ricattabili. La pace e la gioia fioriscono soltanto nella libertà e nel dono di sé. «Ricevete lo Spirito Santo»: lo Spirito è il testimone di Gesù. Davanti all’ostilità che incontreranno, i discepoli saranno esposti al dubbio, allo scandalo, allo scoraggiamento: lo Spirito difenderà Gesù nel loro cuore, li renderà sicuri nella loro disobbedienza al mondo. I discepoli avranno bisogno di certezza: lo Spirito gliela offrirà. (B. Maggioni, biblista)

Domenica di Pasqua – Giovanni 20,1-9

1 Il primo giorno della settimana, Maria di Màgdala si recò al sepolcro di mattino, quando era ancora buio, e vide che la pietra era stata tolta dal sepolcro. 2 Corse allora e andò da Simon Pietro e dall’altro discepolo, quello che Gesù amava, e disse loro: «Hanno portato via il Signore dal sepolcro e non sappiamo dove l’hanno posto!». 3 Pietro allora uscì insieme all’altro discepolo e si recarono al sepolcro. 4 Correvano insieme tutti e due, ma l’altro discepolo corse più veloce di Pietro e giunse per primo al sepolcro. 5Si chinò, vide i teli posati là, ma non entrò. 6 Giunse intanto anche Simon Pietro, che lo seguiva, ed entrò nel sepolcro e osservò i teli posati là, 7 e il sudario – che era stato sul suo capo – non posato là con i teli, ma avvolto in un luogo a parte. 8 Allora entrò anche l’altro discepolo, che era giunto per primo al sepolcro, e vide e credette. 9 Infatti non avevano ancora compreso la Scrittura, che cioè egli doveva risorgere dai morti.

La risurrezione di Cristo è il cardine della fede, e proprio per questo le letture liturgiche della Pasqua sviluppano attorno ad essa un’ampia riflessione, che va dal racconto dell’avvenimento (Vangelo) al suo annuncio (Atti degli apostoli) e alle conseguenze morali che ne derivano (il passo paolino tratto dalla lettera ai Colossesi). Gesù non è vivo com’ è vivo un messaggio sempre attuale, o come è vivo un maestro nel cuore dei discepoli. Gesù è veramente risorto. Tanto che il sepolcro fu trovato vuoto (Gv 20,1-9) e le bende e il sudario, piegati con ordine: un indizio che smentisce la diceria di un frettoloso trafugamento del cadavere.
Ambedue i discepoli entrano nel sepolcro e vedono, ma solo del discepolo amato si dice che vide e credette. A che cosa è dovuta questa sua capacità di intuizione? Non si vede altra ragione che questa: è il discepolo che Gesù amava. La comprensione della risurrezione è un dono di Dio.
Nel passo degli Atti degli apostoli (10,34-43) si legge: «Essi lo uccisero appendendolo a una croce, ma Dio lo ha risuscitato al terzo giorno». Fra il giudizio di Dio e il giudizio degli uomini c’è un netto contrasto. Le valutazioni di Dio sono capovolte rispetto alle nostre. Gli uomini hanno condannato Gesù, Dio invece lo ha approvato e lo ha fatto risorgere. La risurrezione è un avvenimento che contiene un giudizio. Occorre mutare i nostri criteri di valutazione, il nostro modo di pensare Dio.
Nella seconda lettura Paolo riassume in due imperativi i nuovi comportamenti che il discepolo è chiamato ad assumere: «Cercate le cose di lassù, pensate alle cose di lassù». Dunque, il pensiero e la vita, i progetti e l’esecuzione, la coscienza e le scelte. Quali sono le cose di lassù da cercare e le cose di quaggiù da evitare? Qual è la parte di noi che dobbiamo scrollarci di dosso come un vestito logoro e sdruscito? Il vestito da deporre non è la parte corporea che deve essere mortificata per esaltare lo Spirito, né gli impegni del mondo che devono essere abbandonati per ritirarsi nella solitudine. Il vecchio vestito sono i valori illusori, distruttori ed egoistici, soprattutto quell’istinto del possesso che tanto spesso si trasforma in idolatria (Col 3,5). E il vestito nuovo è il superamento delle divisioni che oppongono l’uomo all’uomo, popolo a popolo, razza a razza (Col 3,11). Vestito nuovo sono i sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di pazienza: «Sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente» (Col 3,12-13).