Formazione e workshop per animatori
Il gioco da tavola come strumento educativo
“Accorciamo le distanze”: in partenza gli incontri di formazione P.L.A.Y.
11-18-25 marzo 2022
Il gioco da tavola come strumento educativo
11-18-25 marzo 2022
Torino-Valdocco, 31 gennaio 2022

Miei carissimi giovani,
giunga a ciascuno di voi il mio saluto con vero affetto e con tutto il cuore da Valdocco, dove stiamo celebrando la festa del nostro amato Don Bosco, “Padre e maestro della gioventù” – come ha dichiarato San Giovanni Paolo II.
Vi scrivo questa lettera, mentre da pochi istanti sono tornato dalla preghiera che ho fatto per voi nella Basilica davanti al Signore, davanti alla nostra Madre Ausiliatrice, davanti a Don Bosco, a Madre Mazzarello e a San Domenico Savio, il santo adolescente dei primi anni dell’oratorio qui a Valdocco.
L’Eucaristia di ieri è stata trasmessa dalla televisione proprio dalla Basilica di Maria Ausiliatrice a Torino, e il Santo Padre, Papa Francesco, durante la preghiera dell’Angelus ha dichiarato di aver seguito la Santa Messa in televisione, aggiungendo di salutare tutti i Salesiani in occasione della festa di Don Bosco. Nell’esprimere tutto questo ha ricordato che il nostro Padre «non si è chiuso in sagrestia, non si è chiuso nelle sue cose. È uscito sulla strada a cercare i giovani, con quella creatività che è stata la sua caratteristica». Indubbiamente, così farebbe Don Bosco anche oggi, invitando tutti noi ad essere al vostro fianco, accanto a voi, per percorrere insieme il cammino della vita.
Quanto il Santo Padre ama la Famiglia Salesiana, la famiglia di Don Bosco! E quanta responsabilità questo comporta, perché dobbiamo sempre dare il meglio di noi stessi al servizio del Vangelo nel nome del Signore Gesù.
E voi, carissimi giovani, siete i protagonisti di questa storia, come lo erano i ragazzi di Valdocco con Don Bosco.
In questo anno in cui commemoriamo nella Chiesa il IV centenario della morte di un grande santo, quel “gigante della santità” che fu San Francesco di Sales, la Famiglia Salesiana di Don Bosco, e voi, i giovani che ne fate parte, tutti noi con voi siamo chiamati a vivere la nostra fede cristiana e tutto il dinamismo giovanile che portate nel cuore, con questa carità e dolcezza “salesiana” che San Francesco di Sales ci ha lasciato in eredità e che Don Bosco fece sua. Nel 1854, egli stesso scrisse a riguardo dell’Oratorio di Valdocco: «Questo Oratorio è posto sotto la protezione di San Francesco di Sales per indicare che il fondamento su cui poggia questa Congregazione deve essere la carità e la dolcezza, che sono le virtù caratteristiche di questo santo». Don Bosco per realizzare la sua opera si ispirò a San Francesco di Sales, il Santo che comprese – come pochi altri – che Dio e il suo amore misericordioso erano al centro della sua vita e della sua storia. Francesco di Sales è il Santo della tenerezza, del cuore modellato sul cuore di Dio Padre che, con la sua dolcezza, attira tutti a sé.
E facendomi eco di questa sensibilità e spiritualità, che abbiamo ricevuto da San Francesco di Sales attraverso Don Bosco, e con la forza della Parola con cui sia il Papa Emerito Benedetto XVI sia Papa Francesco si sono rivolti a voi, desidero invitare voi, cari giovani di tutte le presenze salesiane nel mondo, a vivere con grandi ideali, con grandi mete che vi conducano sulla via della felicità e verso Dio.
E nell’affermare questo, non dimentico molti di voi, cari giovani delle presenze salesiane del mondo, che professano un’altra religione. Vi auguro con vero affetto di vivere la vostra fede in profondità, di essere veri credenti nella fede che professate, di viverla autenticamente. L’unico Dio che esiste e al quale tutti ci rivolgiamo, sarà sempre al vostro fianco e saprà incontrare ognuno di voi. Le case di Don Bosco e di tutta la Famiglia Salesiana nel mondo hanno, e continueranno sempre ad avere, porte aperte per ogni giovane che le avvicina.
Il nostro mondo ha bisogno di giovani che sentano di avere una missione sognata da Dio e che si innamorino di essa. Giovani che sentono che Dio ha un sogno e un bellissimo progetto per ognuno di loro. Giovani con speranza e forza. Giovani, come dice Papa Francesco, che non si lasciano rubare la speranza: «Un giovane non può essere scoraggiato, la sua caratteristica è sognare grandi cose, cercare orizzonti ampi, osare di più, aver voglia di conquistare il mondo, saper accettare proposte impegnative e voler dare il meglio di sé per costruire qualcosa di migliore. Per questo insisto coi giovani che non si lascino rubare la speranza» (Christus Vivit, 15).
Carissimi giovani,
concludo questo messaggio augurandovi una buona festa di Don Bosco e invitandovi a vivere tutto l’anno in grande armonia con Don Bosco e San Francesco di Sales. Loro continueranno a condurvi a incontrare l’unico che conta: Gesù Cristo il Signore.
Ricordo che nell’incontro della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS) tenutosi nel dicembre scorso, dopo aver approvato le linee guida della Consulta Mondiale del Movimento Giovanile Salesiano (SDB-LEADS), i giovani rappresentanti di tutto il mondo sono stati unanimi nel proporre di celebrare il 400° anniversario della morte di San Francesco di Sales. I membri della Consulta della Regione Africa-Madagascar coordineranno questo evento, al quale parteciperanno tutti i gruppi del Movimento Giovanile Salesiano (MGS) delle ispettorie salesiane del mondo, in segno di omaggio, gratitudine, amore e devozione a questo grande Santo, ispiratore del nostro amato Don Bosco.
Vi incoraggio a continuare a curare i momenti di preghiera, le iniziative a favore dei più svantaggiati e a far conoscere e condividere tutto quello che state facendo.
Miei cari giovani, buona festa di Don Bosco e buon anno “salesiano” sotto l’ispirazione di San Francesco di Sales.
La mia benedizione per tutti.
Con vero affetto e l’assicurazione del ricordo nella mia preghiera, vi saluto,
Ángel Fernández Artime, SDB
Rettor Maggiore
Locandina Gennaio Salesiano 2022

Pubblichiamo di seguito il Messaggio del Santo Padre Francesco in occasione della XXX Giornata Mondiale del Malato, che ricorre l’11 febbraio, memoria liturgica della Beata Vergine Maria di Lourdes, sul tema “«Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36). Porsi accanto a chi soffre in un cammino di carità”.
Cari fratelli e sorelle,
trent’anni fa san Giovanni Paolo II istituì la Giornata Mondiale del Malato per sensibilizzare il popolo di Dio, le istituzioni sanitarie cattoliche e la società civile all’attenzione verso i malati e verso quanti se ne prendono cura.
Siamo riconoscenti al Signore per il cammino compiuto in questi anni nelle Chiese particolari del mondo intero. Molti passi avanti sono stati fatti, ma molta strada rimane ancora da percorrere per assicurare a tutti i malati, anche nei luoghi e nelle situazioni di maggiore povertà ed emarginazione, le cure sanitarie di cui hanno bisogno; come pure l’accompagnamento pastorale, perché possano vivere il tempo della malattia uniti a Cristo crocifisso e risorto. La 30ª Giornata Mondiale del Malato, la cui celebrazione culminante, a causa della pandemia, non potrà aver luogo ad Arequipa in Perù, ma si terrà nella Basilica di San Pietro in Vaticano, possa aiutarci a crescere nella vicinanza e nel servizio alle persone inferme e alle loro famiglie.
1. Misericordiosi come il Padre
Il tema scelto per questa trentesima Giornata, «Siate misericordiosi, come il Padre vostro è misericordioso» (Lc 6,36), ci fa anzitutto volgere lo sguardo a Dio “ricco di misericordia” (Ef 2,4), il quale guarda sempre i suoi figli con amore di padre, anche quando si allontanano da Lui. La misericordia, infatti, è per eccellenza il nome di Dio, che esprime la sua natura non alla maniera di un sentimento occasionale, ma come forza presente in tutto ciò che Egli opera. È forza e tenerezza insieme. Per questo possiamo dire, con stupore e riconoscenza, che la misericordia di Dio ha in sé sia la dimensione della paternità sia quella della maternità (cfr Is 49,15), perché Egli si prende cura di noi con la forza di un padre e con la tenerezza di una madre, sempre desideroso di donarci nuova vita nello Spirito Santo.
2. Gesù, misericordia del Padre
Testimone sommo dell’amore misericordioso del Padre verso i malati è il suo Figlio unigenito. Quante volte i Vangeli ci narrano gli incontri di Gesù con persone affette da diverse malattie! Egli «percorreva tutta la Galilea, insegnando nelle loro sinagoghe, annunciando il vangelo del Regno e guarendo ogni sorta di malattie e di infermità nel popolo» (Mt 4,23). Possiamo chiederci: perché questa attenzione particolare di Gesù verso i malati, al punto che essa diventa anche l’opera principale nella missione degli apostoli, mandati dal Maestro ad annunciare il Vangelo e curare gli infermi? (cfr Lc 9,2).
Un pensatore del XX secolo ci suggerisce una motivazione: «Il dolore isola assolutamente ed è da questo isolamento assoluto che nasce l’appello all’altro, l’invocazione all’altro». Quando una persona sperimenta nella propria carne fragilità e sofferenza a causa della malattia, anche il suo cuore si appesantisce, la paura cresce, gli interrogativi si moltiplicano, la domanda di senso per tutto quello che succede si fa più urgente. Come non ricordare, a questo proposito, i numerosi ammalati che, durante questo tempo di pandemia, hanno vissuto nella solitudine di un reparto di terapia intensiva l’ultimo tratto della loro esistenza, certamente curati da generosi operatori sanitari, ma lontani dagli affetti più cari e dalle persone più importanti della loro vita terrena? Ecco, allora, l’importanza di avere accanto dei testimoni della carità di Dio che, sull’esempio di Gesù, misericordia del Padre, versino sulle ferite dei malati l’olio della consolazione e il vino della speranza.
3. Toccare la carne sofferente di Cristo
L’invito di Gesù a essere misericordiosi come il Padre acquista un significato particolare per gli operatori sanitari. Penso ai medici, agli infermieri, ai tecnici di laboratorio, agli addetti all’assistenza e alla cura dei malati, come pure ai numerosi volontari che donano tempo prezioso a chi soffre. Cari operatori sanitari, il vostro servizio accanto ai malati, svolto con amore e competenza, trascende i limiti della professione per diventare una missione. Le vostre mani che toccano la carne sofferente di Cristo possono essere segno delle mani misericordiose del Padre. Siate consapevoli della grande dignità della vostra professione, come pure della responsabilità che essa comporta.
Benediciamo il Signore per i progressi che la scienza medica ha compiuto soprattutto in questi ultimi tempi; le nuove tecnologie hanno permesso di approntare percorsi terapeutici che sono di grande beneficio per i malati; la ricerca continua a dare il suo prezioso contributo per sconfiggere patologie antiche e nuove; la medicina riabilitativa ha sviluppato notevolmente le sue conoscenze e le sue competenze. Tutto questo, però, non deve mai far dimenticare la singolarità di ogni malato, con la sua dignità e le sue fragilità. Il malato è sempre più importante della sua malattia, e per questo ogni approccio terapeutico non può prescindere dall’ascolto del paziente, della sua storia, delle sue ansie, delle sue paure. Anche quando non è possibile guarire, sempre è possibile curare, sempre è possibile consolare, sempre è possibile far sentire una vicinanza che mostra interesse alla persona prima che alla sua patologia. Per questo auspico che i percorsi formativi degli operatori della salute siano capaci di abilitare all’ascolto e alla dimensione relazionale.
4. I luoghi di cura, case di misericordia
La Giornata Mondiale del Malato è occasione propizia anche per porre la nostra attenzione sui luoghi di cura. La misericordia verso i malati, nel corso dei secoli, ha portato la comunità cristiana ad aprire innumerevoli “locande del buon samaritano”, nelle quali potessero essere accolti e curati malati di ogni genere, soprattutto coloro che non trovavano risposta alla loro domanda di salute o per indigenza o per l’esclusione sociale o per le difficoltà di cura di alcune patologie. A farne le spese, in queste situazioni, sono soprattutto i bambini, gli anziani e le persone più fragili. Misericordiosi come il Padre, tanti missionari hanno accompagnato l’annuncio del Vangelo con la costruzione di ospedali, dispensari e luoghi di cura. Sono opere preziose mediante le quali la carità cristiana ha preso forma e l’amore di Cristo, testimoniato dai suoi discepoli, è diventato più credibile. Penso soprattutto alle popolazioni delle zone più povere del pianeta, dove a volte occorre percorrere lunghe distanze per trovare centri di cura che, seppur con risorse limitate, offrono quanto è disponibile. La strada è ancora lunga e in alcuni Paesi ricevere cure adeguate rimane un lusso. Lo attesta ad esempio la scarsa disponibilità, nei Paesi più poveri, di vaccini contro il Covid-19; ma ancor di più la mancanza di cure per patologie che necessitano di medicinali ben più semplici.
In questo contesto desidero riaffermare l’importanza delle istituzioni sanitarie cattoliche: esse sono un tesoro prezioso da custodire e sostenere; la loro presenza ha contraddistinto la storia della Chiesa per la prossimità ai malati più poveri e alle situazioni più dimenticate. Quanti fondatori di famiglie religiose hanno saputo ascoltare il grido di fratelli e sorelle privi di accesso alle cure o curati malamente e si sono prodigati al loro servizio! Ancora oggi, anche nei Paesi più sviluppati, la loro presenza è una benedizione, perché sempre possono offrire, oltre alla cura del corpo con tutta la competenza necessaria, anche quella carità per la quale il malato e i suoi familiari sono al centro dell’attenzione. In un tempo nel quale è diffusa la cultura dello scarto e la vita non è sempre riconosciuta degna di essere accolta e vissuta, queste strutture, come case della misericordia, possono essere esemplari nel custodire e curare ogni esistenza, anche la più fragile, dal suo inizio fino al suo termine naturale.
5. La misericordia pastorale: presenza e prossimità
Nel cammino di questi trent’anni, anche la pastorale della salute ha visto sempre più riconosciuto il suo indispensabile servizio. Se la peggiore discriminazione di cui soffrono i poveri – e i malati sono poveri di salute – è la mancanza di attenzione spirituale, non possiamo tralasciare di offrire loro la vicinanza di Dio, la sua benedizione, la sua Parola, la celebrazione dei Sacramenti e la proposta di un cammino di crescita e di maturazione nella fede. A questo proposito, vorrei ricordare che la vicinanza agli infermi e la loro cura pastorale non è compito solo di alcuni ministri specificamente dedicati; visitare gli infermi è un invito rivolto da Cristo a tutti i suoi discepoli. Quanti malati e quante persone anziane vivono a casa e aspettano una visita! Il ministero della consolazione è compito di ogni battezzato, memore della parola di Gesù: «Ero malato e mi avete visitato» ( Mt 25,36).
Cari fratelli e sorelle, all’intercessione di Maria, salute degli infermi, affido tutti i malati e le loro famiglie. Uniti a Cristo, che porta su di sé il dolore del mondo, possano trovare senso, consolazione e fiducia. Prego per tutti gli operatori sanitari affinché, ricchi di misericordia, offrano ai pazienti, insieme alle cure adeguate, la loro vicinanza fraterna.
Su tutti imparto di cuore la Benedizione Apostolica.
Roma, San Giovanni in Laterano, 10 dicembre 2021, Memoria della B.V. Maria di Loreto
Francesco dedica il videomessaggio di preghiera per il mese di febbraio a religiose e laiche consacrate. Il grazie per la “grande” opera di bene compiuta nel mondo: “Continuate a operare con poveri, emarginati e chi è schiavizzato dai trafficanti”. Poi l’incoraggiamento a non permettere che il loro servizio sia ridotto a “servitù”, anche da parte di “uomini di Chiesa”
Carissimi/e, un saluto cordiale a tutti voi.